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E così anche le feste se ne sono andate, tra pazzesche mangiate con parenti e amici, e qualche regalino, non sempre utile, ma tant’è...

Spero, per quelli tra voi un po’ più cattivelli, che la Befana vi abbia risparmiato la nuova ( ?) compilation di Venditti, con tanto di orchestrona sinfonica; meglio il buon vecchio carbone.

A noi appassionati di musica, che ci accontenteremmo anche di qualche agognato CD (visti i prezzi) però quasi mai nessuno regala dischi, considerandoci persone dai gusti difficili, e così ci dobbiamo sempre arrangiare da soli.

Vorrei allora fare una veloce carrellata su dei bei regali musicali che ci possiamo fare da soli , e chi se ne frega se il Natale è ormai passato.

Iniziamo da quattro bei cofanetti, oggetti dei nostri sogni di appassionati dalle tasche semivuote.

Menzione d’onore per "The box set" dei DOORS, irrinunciabile per tutti coloro che già possiedono tutti i dischi del gruppo di Jim Morrison. Vi si trova una esauriente carrellata su tutta la carriera del gruppo, dai maggiori successi scelti personalmente dai componenti del gruppo, a provini e demo vari (ci sono cose molto interessanti) fino ad una stratosferica registrazione di un concerto al Madison Square Garden di New York del 1970 con un crescendo irresistibile che sfocia in una versione di "The end" da far accapponare la pelle.

Comunque chi non avesse niente o quasi dei Doors è bene che si rivolga prima verso le ristampe dei primi dischi del gruppo, visto che si trovano in collana economica, a differenza di questo box, che è venduto al solito prezzo esagerato.

Stesso discorso per "Heart & soul" dei JOY DIVISION, che se da una parte ha il pregio di mettere un po’ di ordine nella contorta discografia del gruppo, soprattutto nei troppi dischi usciti post-mortem, dall’altra non fa che confermare che le cose migliori si trovano nei due soli dischi ufficiali editi dal gruppo durante la loro purtroppo breve carriera : "Unknown pleasures" e "Closer".

Discorso opposto invece per "Those were the days" dei CREAM, che, unendo tutti i lavori di studio di Clapton, Bruce e Baker con altri due CD dal vivo, rende giustizia ad un gruppo non sempre troppo considerato. Se infatti gli originali in studio non sempre sono irresistibili, dal vivo i pezzi assumono tutta un’altra veste portando a galla non tanto o solamente come si potrebbe pensare "manolenta" Clapton, quanto la potente personalità di Jack Bruce.

Ma in questo periodo il mio cofanetto preferito è "Monster" di DAVID THOMAS.

Composto da 5 CD, raccoglie tutti i dischi editi dall’ex Pere Ubu nel periodo 1981-1987 più la registrazione di un concerto del ’96 con i Two Pale Boys, che in buona parte ricalca la scaletta di quello tenuto nel corso dell’ultima edizione di Arezzo Wave, e che aveva scaldato i cuori dei fortunati presenti allo Psycho Stage. Musica minimale, non sempre facile, ma dalla quale, una volta entrati in sintonia, non riusciamo a venirne fuori, avviluppati in un vortice perverso. Ascoltate subito la pazzesca e meravigliosa versione live di "Surfer girl" dei Beach Boys e forse capirete.

Ammaliante e bellissimo è anche il nuovo disco di ROBERT WYATT : "Shleep". Disco struggente, come questo menestrello del Canterbury sound, fuori dal tempo e dalle mode, che ogni tanto se ne esce con un pugno di splendide canzoni, per poi risparire nel nulla, costretto a vivere la sua non facile situazione. Ed a noi non resta che consumare il "repeat" del nostro lettore CD.

Passiamo a due curiose uscite, che riprendono il suono di dischi già editi stravolgendo non poco gli originali.

Il primo è "Dreams of freedom", in cui quel mago del missaggio che è BILL LASWELL, prende alcuni pezzi di Bob Marley, li dilata e trasforma ricoprendoli con effetti dub, togliendo quasi del tutto la voce di Marley. Ne escono quasi nuove canzoni, in cui sono così valorizzate soprattutto le linee melodiche dei vari pezzi, che spesso la voce troppo ammaliante del grande Bob faceva passare in secondo piano ed il risultato è molto interessante, anche se alla lunga un po’ stancante.

Discorso un po’ diverso per "Star rise", costituito da remixes di pezzi di NUSRAT FATEH ALI KHAN tratti da "Mustt mustt" e "Night song", quest’ultimo inciso con Michael Brook.

Nusrat Fateh Ali Khan, scomparso da poco, per chi non avesse avuto la fortuna di ascoltarlo e conoscerlo, è stato il re indiscusso della musica Qawwali ; i suoi concerti spesso si trasformavano in sedute di trance collettiva, aiutati dal ritmo circolare e ammaliante dei suoi pezzi. Per i nostri orecchi occidentali, però, non ben abituati ad addentrarsi in simili ritmi, spesso questi pezzi rischiavano di risultare monocordi e monotoni, non capendo fino in fondo lo spirito con cui erano nati. Ecco allora che queste nuove versioni rivestite di ritmi a noi più vicini, servono a farci maggiormente avvicinare a questo personaggio ed alla sua musica, anche se la sua straordinaria voce ne esce purtroppo un po’ penalizzata.

Per gli amanti del rock americano, invece, non può passare inosservato "El corazon", nuova uscita di STEVE EARLE. L’esperienza in carcere, ultimo sbocco della tossicodipendenza che da molto tempo lo accompagnava, se da una parte ha indurito il personaggio e appesantito il fisico, ha maturato definitivamente questo sottovalutato artista dal punto di vista compositivo e musicale. Splendidi suoni di frontiera con svariate influenze ; ballate acustiche e robusti rock si alternano a pezzi country oriented, a bluegrass, fino al grunge del pezzo inciso con i Supersuckers. Il tutto amalgamato a meraviglia, tale da rendere il disco omogeneo ma nello stesso tempo molto vario.

Sempre ancorati alla tradizione americana, ma rivestiti di suoni un po’ più moderni, sono anche i lavori degli OP8 e dei  SIXTEEN HORSEPOWER.

Entrambi i lavori sono ricoperti dalla polvere della sabbia dei deserti del profondo sud americano. Più crepuscolare e sghembo il suono di "Slush" degli OP8, gruppo fantasma, messo insieme per un disco tributo mai uscito, e formato da componenti dei Giant Sand e da Lisa Germano. Più orientato verso suoni western "Low Estate" dei Sixteen Horsepower, con chitarre che spesso rimandano a Morricone o al miglior Neil Young, con grosse iniezioni di blues. Se riusciranno a smussare certe asperità possono divenire un gran gruppo.

Echi morriconiani si ritrovano anche in "Ogni città avrà il tuo nome", esordio dei SANTA SANGRE ; disco malinconico, con un’occhio ai cantautori e l’altro al nuovo rock.

A casa nostra sono da segnalare anche l’adrenalinico "Hai paura del buio ?", nuovo e superincensato gran bel disco degli AFTERHOURS ed un nuovo "piccolo" Conte : GIANMARIA TESTA. Testa, musicista-ferroviere, ha dovuto emigrare in Francia per trovare consensi e riuscire ad incidere le sue splendide canzoni. Finalmente sono rintracciabili anche da noi il suo esordio "Montgolfières" del ’95, capolavoro minore degno del miglior Conte, e "Extra-muros" dello scorso anno.

Bene, come al solito ce n’è per tutti i gusti ; scusate se ho un po’ corso e sorvolato, ma la verità è che il mio vecchio e caro "486" sta prendendo la via dell’ospizio ed il nuovo e rampante "Pentium" ancora non si è fatto vedere, così i tempi stringono, visto che ormai a mano nessuno più sa scrivere.

Alla prossima. Ciao a tutti.

I ZIMBRA