Può piacere o non piacere il teatro di Pippo Delbono, ma sicuramente
non lasciare indifferenti. Un teatro dove irrompe la vita, quella vera,
con tutti i problemi dei giorni nostri, quella popolata da personaggi
che incontriamo sempre più spesso agli angoli delle strade e che
molte volte facciamo finta nemmeno di vedere. Certo un pubblico abituato
a spettacoli di impostazione tradizionale può rimanere spiazzato,
ma invece è proprio qui l’essenza più vera del teatro: rappresentare
semplicemente la realtà, sollevando tanti interrogativi senza avere
la pretesa di trovare sempre la giusta riposta a tutto.
Un teatro, quello di Delbono, di ricerca, eppure profondamente popolare;
un teatro di straziante poesia, di forti sensazioni e di immagini bellissime,
più che di grandi storie.
“Esodo”, presentato per due sere al Teatro dei Rinnovati per
la rassegna “Parole e Musica”, prosegue sulla falsariga dei precedenti
“Barboni”, che aveva rivelato il nome di Delbono al grosso pubblico, e
di “Guerra”, di cui ricalca le linee guida.
Anche qui si parla infatti di guerra, vista soprattutto dalla parte
delle persone che la subiscono; persone private della loro libertà,
strappate dai loro paesi e costrette a rifugiarsi in luoghi a loro ostili,
costrette a vivere nella paura e nel disagio, quando addirittura
non imprigionate, torturate o uccise.
Sul palcoscenico si susseguono quadri scenici con immagini fortissime,
a cui danno vita i multietnici componenti della compagnia, mentre lo stesso
regista, dalla platea, sottolinea i vari quadri con frasi e poesie unendo
la Bibbia, Pasolini, Chaplin, Brecht, Levi e altri.
L’emozione che ha attanagliato tutto il pubblico in sala era palpabile;
infatti, dopo un inizio in cui forse chi non aveva mai visto altri lavori
di Delbono ha dovuto prendere un po’ le misure con il particolare tipo
di allestimento e con gli strani attori, tutti sono stati catturati dalla
straziante bellezza dello spettacolo e dall’energia profusa dai protagonisti,
strappati dai destini più disparati e portati con tutta loro umanità,
ma anche con i loro difetti, alla ribalta di un palcoscenico che ha ridato
un senso alle loro esistenze, rendendo difficile talvolta distinguere tra
realtà e finzione scenica.
E se questo è il punto di forza degli spettacoli di Delbono,
paradossalmente forse è anche uno dei suoi pochi difetti. Seguendo
l’evolversi dei vari spettacoli, infatti, non si può non notare
come, non essendo buona parte dei componenti la compagnia attori professionisti
e quindi capaci di interpretare ruoli facilmente intercambiabili, i loro
personaggi finiscano per assomigliarsi spettacolo dopo spettacolo. Anche
sulla condizione di diverso o emarginato talvolta sembra aleggiare un po’
di autocompiacimento.
Ma sono solo piccoli appunti ad un lavoro per altri versi sicuramente
da rispettare ed incoraggiare, visti i risultati ottenuti; ed allora ben
vengano questi spettacoli che riescono a colpirci diretti al cuore, a farci
emozionare e coinvolgere come sempre più di rado accade.
Il pubblico studentesco, come detto, ha seguito rapito tutto lo
spettacolo sciogliendosi infine in un lungo e caloroso applauso verso tutti
i protagonisti, richiamati più volte in palcoscenico, tra cui è
d’obbligo segnalare almeno la “piccola star” Bobò.
IZIMBRA
26/1/2001