La rassegna “Parole e Musica”, dopo aver omaggiato il tango ed i
ritmi cubani, ha affrontato la musica tradizionale napoletana.
Introdotto nel pomeriggio da un interessante incontro con gli studenti
universitari del professor Paolo Scarnecchia, responsabile del settore
musica dell’Università del Mediterraneo, si è svolto in un
Teatro dei Rinnovati gremito come al solito da moltissimi universitari
il concerto di Consiglia Licciardi, una delle più autorevoli voci
della canzone tradizionale napoletana.
La prima volta che ebbi modo di ascoltare la Licciardi fu nel corso
della trasmissione televisiva DOC di Renzo Arbore, era se ricordo bene
il 1989. Forse i più giovani non si ricorderanno nemmeno più
di quella trasmissione; tutto si svolgeva in uno studio attrezzato con
un piccolo palcoscenico dove, a turno, si esibivano nomi noti e meno noti
del panorama nazionale ed anche internazionale, rigorosamente dal vivo.
Andava in onda nel primo pomeriggio ed io, che lavorando non potevo seguirlo
in diretta, mi registravo rigorosamente tutte le puntate che guardavo poi
la sera; nella mia nastroteca conservo ancora gelosamente le apparizioni,
tra gli altri di Miles Davis, Solomon Burke, Pogues o dei nostri Fossati,
De Gregori e decine di altri, tra cui anche appunto la Licciardi. Io, rockettaro
impenitente, ebbi modo di vedere all’opera e scoprire diversi gruppi che
all’epoca, e non solo, apparivano raramente in televisione. Una sera, in
compagnia di Roberto Murolo apparve anche Consiglia Licciardi. Il suo genere
staccava nettamente da tutto il resto, allora la canzone napoletana era,
molto più di adesso, considerata, a torto, un fenomeno da cartolina
turistica; non era ancora arrivata la moda della world music a rendere
giustizia a tante realtà locali, a tanti filoni che affondavano
le radici nella vera musica popolare.
Eppure ricordo che rimasi subito colpito da quella voce decisa,
quanto mai espressiva e ricca di pathos, che riusciva a interpretare melodie
mille volte sentite, togliendogli quella patina di stantio e dandogli nuova
luce, il tutto grazie ad una tecnica ed un talento mostruosi, con
il solo accompagnamento di chitarra e mandolino.
Molto tempo è passato; come detto anche la musica napoletana
è stata giustamente rivalutata, molti interpreti storici sono stati
riscoperti, ed anche la Licciardi ha avuto modo di prendersi le sue belle
soddisfazioni, gratificata da una carriera ormai venticinquennale che l’ha
portata sui palcoscenici di mezzo mondo, la sua voce è ormai accostata
a quella di altre intepreti storiche del repertorio classico napoletano,
come Mignonette, Rosa o Resal. Oltre alla canzone più propriamente
tradizionale si è spostata anche verso altri generi più contaminati,
mescolando i suoni napoletani con quelli dei paesi mediterranei che ci
sono vicini, con risultati talvolta molto interessanti
Eppure se cercate i suoi dischi quasi sicuramente non riuscirete
a trovarli: un’industria discografica sempre più ottusa e che corre
ormai dietro solo ai successi usa e getta ed alle insopportabili compilation,
ha messo fuori catalogo i bellissimi dischi della Licciardi, insieme a
quelli di tanti altri artisti che fanno della qualità il proprio
cavallo di battaglia.
Tornando al concerto al Teatro dei Rinnovati, la nostra si è
presentata sul palco accompagnata da due chitarre ed un mandolino, con
una scaletta che ripercorreva la storia della canzone napoletana, con pezzi,
tra gli altri di Di Giacomo, Bovio e E.A. Mario.
Si parte dalla fine ‘800 con “Serenata napulitana”, a cui seguono,
tra gli altri, le melodie immortali di “I’ te vurria vasà”, “Marechiaro”,
“Na sera ‘e maggio”, una bellissima versione di “Passione”, “Santa Lucia
lontana”, tutte nobilitate dalla splendida voce che sa ormai alla perfezione
come modulare i tempi, giocare quando serve con le pause e che non si tira
mai indietro quando serve un acuto. Si arriva così a “Tammurriata
americana”, “A rumba d’e scugnizze” e “Tammurriata nera” pezzi in
cui i suoni tradizionali vengono contaminati dai “nuovi suoni” importati
nel periodo bellico.
E qui il concerto decolla definitivamente, la scaletta salta e si
susseguono eccezionali versioni di classici che non ci stancheremo mai
di riascoltare, se resi a questi livelli. Ecco “O’ surdato innamorato”,
“O’ sole mio” e una stupenda “Reginella” cantata in coro da tutti i presenti.
Dopo un intermezzo con un pezzo più recente, “Senza se ‘ncuntrà”,
il definitivo saluto con l’omaggio a Totò con “Malafemmina”, ancora
cantato in coro da tutto il pubblico.
Come detto, solito gran successo.
IZIMBRA
8 Marzo 2001